QUELLO CHE C’è FUORI DALLA MIA FINESTRA
Luogo: reparto di Oncoematologia Pediatrica
Destinatari del progetto: bambini affetti da neoplasia in trattamento chemioterapico
Età media: 6-12 anni
L’ambito nel quale è stato realizzato il progetto Quello che c’è fuori dalla mia finestra, è quello della struttura ospedaliera, nella realtà delle sue più lunghe degenze e dei casi marginali di isolamento forzato. Il progetto ha visto un intervento artistico istituito all’interno del reparto di Oncoematologia Pediatrica del Policlinico di Modena, per la durata di circa due mesi. Ormai è evidente in diverse realtà sanitarie l’utilità di un approccio maggiormente olistico: l’assistenza del malato vuole la centralità del concetto di individualità colta nella relazione clinica, inquadrando la sofferenza in termini di complessità.
Lo spazio cre-attivo è stato attivato nel settembre 2012, e ha visto la partecipazione dei piccoli pazienti e del personale medico, in accordo con la psicologica Camilla Migliozzi, con cui in particolare, si è vista la collaborazione. Importante è stata l’eliminazione di ogni gerarchia: medici, genitori e bambini si sono trovati coinvolti in rapporti tra pari. La difficoltà provata da chi lavora in un reparto di questo tipo consiste anche nel vivere con i bambini diversi tipi di sofferenza: il senso di separazione provata dai piccoli pazienti dalla famiglia e dall’ambiente esterno, il senso di inutilità del proprio intervento in qualità di operatore sociosanitario e di genitore, il senso di disorientamento e di angoscia nel gestire la paura della morte, la mortificazione del corpo e degli affetti. Spesso e volentieri, l’uso dell’attività artistica, in questi contesti, assume il carattere dell’arteterapia, piuttosto che di un fare artistico ricreativo. Questo tipo di interventi sono sicuramente utili, ma solo ai fini di ridurre l’ansia attraverso attività volte a far svagare il paziente, quando invece l’intenzione di questi laboratori è stato quello di «educare ad essere».
Focus tematico: corpo come casa
Noi tutti abbiamo origine da una casa-corpo che accoglie la vita. Fu Melanie Klein a sostenere che ogni immagine è un immagine-corpo, cioè che il disegno e il disegnare siano in stretta connessione con il proprio corpo, esso stesso contenitore di immagini. Partendo dalla metafora per eccellenza dell’ Io, che trova la sua figura nella Casa, la finestra si è subito posta come elemento simbolico di apertura o chiusura al mondo e al Sè più profondo. I bambini sono stati incoraggiati a creare la propria finestra: una sorta di «spazio esistenziale», un confine tracciato, una rap-presentazione di sé agli altri, in grado di costituire soprattutto un momento di simbolizzazione degli eventi, oltre che delle relazioni. Del resto, il quadro di ogni artista corrisponde alla sua finestra sul mondo – weltanschauung – per raccontare e raccontarsi.
Nel progettare il laboratorio, si sono realizzati i materiali utili al fine di facilitare il raggiungimento degli obiettivi posti, utilizzando più mezzi espressivi: la voce, la scrittura, l’illustrazione, oggetti costruiti, situazioni create, etc. Il progetto ha visto, come risultato finale, l’allestimento di un «condominio» come opera condivisa – con l’altro, ma diviso dall’altro – e collettiva. Si è andata a creare così una comunità, seppur temporanea, poiché capace di camminare e abitare insieme lo spazio del reparto, sof-fermandosi e trasformando il proprio transito in dimora. L’attività creativa ha costituito una fonte di ben-essere, più profondamente inteso. Le stanze di cura si sono tras-formate sotto l’opera delle loro mani: finestre come occasione per mostrarsi agli altri… finestre interne, chiuse, come gli occhi chiusi di chi si guarda dentro… finestre su realtà im-possibili, che motivano a lavorare su un futuro tutto da progettare perché questo si realizzi. Attraverso il disegno ci siamo incontrati, com-presi, perché abbiamo parlato lo stesso linguaggio.
Opere di artisti contemporanei utilizzate nel laboratorio
Le opere utilizzate come pretesto, sono state, tra le tante, le finestre rotte o ironiche di Renè Magritte, spalancate su illusioni di realtà; la finestra che seleziona un fetta di cielo di James Turrell, dove l’arte è realmente ciò che sta fuori; le suggestioni spaziali create nelle incisioni di M. C. Escher. Si è spiritosamente notato come Barnett Newman abbia chiuso la finestra, Rothko abbia tirato le tende e Reinhardt abbia spento la luce.